A Bologna continua il progetto "Perché ci vuole una città", processo partecipativo di Azienda Usl, Università, Comune e Città Metropolitana. Il racconto dei protagonisti
a cura di Katia Turri
BOLOGNA – Pubblichiamo di seguito alcuni estratti di testimonianze di chi ha intrapreso un percorso di Recovery. Le interviste complete si possono leggere su “La salute mentale come bene comune. Perché ci vuole una città…”, processo partecipativo di Azienda Usl di Bologna, Alma Mater Studiorum, Comune e Città Metropolitana di Bologna con l’obiettivo di configurare un percorso di Recovery college sotto le Due Torri.
«La recovery è un po’ come il restauro: consente di non buttar via oggetti con qualche tarlo, bensì dargli una nuova vita curandone“i buchi”». Paolo, paziente in carico al Dipartimento di Salute Mentale
Nel 1996 gli è stato diagnosticato un disturbo psichico che lui definisce «una percezione distorta della realtà». Una malattia che, nonostante tutte le difficoltà, oggi gli consente di aiutare altri giovani con il suo stesso disturbo.
«Un’ esperienza che mi ha consentito di tornare sui banchi di scuola offrendomi un nuovo sguardo con cui osservare in modo nuovo la relazione con pazienti e famigliari che curo ogni giorno». Laura, psichiatra dell’Ausl Bologna
Si occupa di attività ambulatoriale nei Centri di Salute Mentale da circa 5 anni. Attualmente è in servizio presso il Distretto sanitario di Reno-Lavino-Samoggia. Ha partecipato alla co-produzione e alla co-conduzione del gruppo pilota sulla recovery nel CSM di Casalecchio di Reno.
«Il Recovery College è come un segnalibro: qualcosa che ti aiuta a capire a che punto sei della tua vita, per ritrovarti, conoscerti, capirti e da lì poi ripartire e andare avanti». Irene, studentessa di Scienze infermieristiche
È stata coinvolta durante il suo tirocinio curriculare nell’avvio dei corsi che hanno aperto la strada all’offerta formativa di Recovery bolognese.
«La recovery come qui e altrove nel rapporto tra identità, creatività e narrazione del proprio sé». Irene, mamma di due ragazzi adottati
I suoi figli, uno di origine caucasica e l’altro cinese, le hanno aperto la strada a un lungo percorso psicoterapico, consentendole di conoscersi nel profondo e oggi vivere al meglio come persona e come genitore di ragazzi con qualche difficoltà.
«La recovery mi ha consentito di riscoprire la potenza del gruppo. È stata una linfa di vita, di speranza che oggi provo a restituire ad altri». Patrizia, madre di un paziente seguito dai servizi psichiatrici
Ricorda il momento della diagnosi del figlio come uno dei periodi più difficili della sua vita. “Troppo spesso prevale la solitudine, il senso di impotenza e dunque di scoramento. La svolta è stata aprirmi agli altri, condividere i vissuti, le difficoltà e scoprire che insieme tutto è più semplice da affrontare”. Oggi fa parte dell’associazione di familiari di persone con problemi psichiatrici A.I.T.Sa.M.
«Recovery è un cammino partecipato per rendere il percorso riabilitativo di ciascun paziente più solido ed efficace». Maria Katia, educatrice del DSM
Crede che non ci sia cura dell’individuo senza cura della comunità e viceversa. Da 20 anni in servizio presso il Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Usl di Bologna.
«Un’ esperienza per prendere coscienza del “camice mentale” che spesso indossiamo. Un viaggio di riscoperta dentro se stessi e verso una potenziale nuova dimensione di sé». Sabina, psichiatra del DSM
Così definisce il recovery college, di cui ha fatto recente esperienza con l’avvio dei laboratori che presto daranno il via all’offerta formativa aperta a utenti, famigliari, caregiver, operatori, professionisti sanitari e cittadini tutti.
«Cos’è stata per me la recovery? Un battesimo per la guarigione». Stefania, in cura presso i servizi di salute mentale
In carico al DSM da circa 10 anni, oggi si definisce paziente esperta.
«Il Recovery College come luogo di confronto e di conforto». Pamela, ragazza in carico al DSM
Nel 2015 ha conosciuto i servizi psichiatrici. Poi l’inserimento lavorativo in una cooperativa sociale bolognese. Oggi è impegnata attivamente nell’abbattere i muri del silenzio sul tema del disagio mentale, aprendosi agli altri.
«Il disagio psichico mi nascondeva le risorse di cui disponevo. Insieme agli altri ho colto l’opportunità di rifiorire». Nicola, ex paziente e studente universitario
Oggi sta per laurearsi in Psicologia della comunità e ha intercettato il Recovery College a cui sta attivamente contribuendo con un corso dal titolo “Rifiorire”.
«Nessuno si salva da solo. È necessario condurre fuori le risorse di cui ciascuno dispone, condividerle e farne un patrimonio comune». Stefania, educatrice del CSM
Dal 1991 si occupa quotidianamente dei percorsi riabilitativi degli utenti che afferiscono al Centro di Salute Mentale, con la necessità - in alcuni casi - di progetti personalizzati complessi.